Pensione, metodo retributivo o contributivo? Come funziona il calcolo dopo la riforma Fornero

La riforma Fornero stabilisce la fine definitiva del metodo retributivo che sopravvive, in parte, solo per chi aveva 18 anni di contributi nel 1995

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Redazione

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Oltre che per l’età di pensionamento, la riforma Fornero ha introdotto un’importante novità nel calcolo della pensione, sancendo definitivamente il trionfo del metodo contributivo sul retributivo. Una decisione imprescindibile per limitare la spesa previdenziale in Italia, soprattutto tenendo conto dell’aumento dell’aspettativa di vita.

Il sistema contributivo è visto infatti come un metodo più giusto per calcolare le pensioni perché stabilisce un legame diretto tra i contributi versati e l’importo della pensione che verrà ricevuta. I contributi accumulati, noti come montante, vengono convertiti in una rendita utilizzando dei coefficienti di trasformazione. Questi coefficienti sono calcolati in base all’età del soggetto al momento del pensionamento e alla sua aspettativa di vita.

Tale sistema mira a garantire una maggiore equità nel pagamento delle pensioni, in quanto coloro che hanno versato più contributi nel corso della loro carriera lavorativa possono aspettarsi una pensione più sostanziosa. È importante però considerare che il sistema contributivo non tiene conto solo dei contributi versati, ma anche dell’entità delle retribuzioni soggette a contribuzione. Pertanto, oltre ai contributi previdenziali, anche i livelli di salario possono influenzare l’importo finale della pensione.

I due metodi

I due sistemi di calcolo si basano su criteri profondamente diversi:

  • RETRIBUTIVO
    L’importo della pensione viene calcolato sulla media dei redditi:- degli ultimi 10 anni di lavoro per i dipendenti;
    – degli ultimi 15 anni di lavoro per gli autonomi,
    nella misura del 2% di questa media per ogni anno di contribuzione.
 Esempio di calcolo retributivo:

– reddito annuo medio negli ultimi 10 anni: € 30.000
– anni di contribuzione: 40
– pensione: 2% di 30.000 x 40 = € 24.000

  • CONTRIBUTIVO
    L’importo della pensione viene calcolato sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa (cosiddetto “montante contributivo”). L’ammontare dei contributi viene rivalutato in base all’indice Istat delle variazioni quinquennali del Pil e moltiplicato per il coefficiente di trasformazione, aggiornato ogni 3 anni (dal 2019 ogni due) e variabile, in base all’età del lavoratore al momento della pensione.

Il passaggio dal retributivo al contributivo

Dal 1° gennaio 2012 il metodo contributivo è diventato l’unico metodo di calcolo per la prestazione pensionistica. Pertanto – tolti i fortunati che sono già in pensione, per i quali non cambia nulla e che continueranno a godere del privilegio del retributivo – anche chi prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero avrebbe avuto una una pensione calcolata del tutto con il metodo retributivo si è visto ricalcolare l’assegno col contributivo per la quota di anni di lavoro che ancora gli restano. Insomma il metodo retributivo sopravvive ancora, ma riferito a un minor numero di anni e per un numero di lavoratori sempre più esiguo.

In sostanza si creano tre situazioni differenti. Per i più giovani che hanno cominciato a lavorare dopo il 1995 – anno di entrata in vigore della riforma Dini che per prima introdusse il sistema contributivo – la pensione verrà tutta calcolata col metodo contributivo. Per gli altri invece conta l’anzianità di servizio maturata alla data del 31 dicembre 1995.

Vediamo le tre ipotesi nel dettaglio:

 Anzianità al 31/12/1995
Calcolo
fino al 1995
Calcolo
dal 1996 al 2011
Calcolo
dal 2012
 – nessuna Contributivo Contributivo
 – meno di 18 anni Retributivo Contributivo Contributivo
 – 18 anni o più Retributivo Retributivo Contributivo