Fondi pensione o Piani di Accumulo (PAC): cosa sono e come funzionano?

Vantaggi e differenze tra due forme di gestione del risparmio

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Redazione

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(Teleborsa) Forme di gestione del risparmio: Fondo pensione da una parte, PAC dall’altra. In mezzo il solito interrogativo: quale conviene di più? Negli ultimi anni il Piano di Accumulo (PAC) è diventato una soluzione sempre più popolare e prediletta dai risparmiatori italiani. Ma è veramente l’alternativa migliore al fondo pensione e alla previdenza complementare?

Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Marrazzo,  agente Allianz esperto del settore, che ci ha aiutato a fare chiarezza spiegandoci vantaggi e differenze tra l’una e l’altra opzione.

PAC e Fondi pensione: ci spiega cosa sono e le principali differenze?

“I PAC (Piani di Accumulo Capitale) rappresentano una forma di risparmio “libero” che, attraverso un piano di versamenti programmati, consente di costruire nel tempo un capitale da poter poi, all’occorrenza, utilizzare per svariate esigenze del risparmiatore.
La loro flessibilità in fase di accumulo e la grande facilità di liquidazione infatti, consentono ai PAC di riuscire a soddisfare diversi obiettivi; ad esempio: finanziare gli studi dei figli, progettare un acquisto importante, disporre di un fondo per spese familiari sia impreviste che pianificate ecc.
I Fondi Pensione (nelle loro varie “declinazioni”: Fondi Aziendali o di Categoria, Fondi Pensione Aperti o Piani Individuali Pensionistici) sono invece strumenti finanziari appositamente finalizzati ad ottenere risorse economiche da utilizzare al momento della cessazione dall’attività lavorativa per integrare la pensione pubblica (che, come ormai tutti dovremmo sapere, sarà di importo assolutamente insufficiente a garantire un tenore di vita dignitoso). Uno strumento utilissimo che rientra nel capitolo delle forme pensionistiche complementari oggi un’ottima soluzione d’investimento a tutela della sicurezza finanziaria dei lavoratori, una volta usciti definitivamente dal mercato occupazionale.
Di certo, la previdenza di primo pilastro e la crisi del welfare italiano non garantiscono più la possibilità di percepire un trattamento pensionistico che assicuri uno standard di vita decorosa e dignitosa.

Anche i Fondi Pensione sono caratterizzati da un’estrema libertà nei versamenti (verso “quando e quanto voglio”) e, anche se il loro scopo primario è quello di realizzare una rendita vitalizia, prevedono la possibilità di ottenere prestazioni anche sotto forma di capitale; sia “a scadenza” (almeno fino al 50% del montante disponibile) che sotto forma di “anticipazioni” durante la fase di accumulo, le quali – rispettando i limiti e i requisiti previsti dalle norme – possono essere richieste in caso di importanti necessità: acquisto o ristrutturazione prima casa, spese sanitarie, altre esigenze”.

Quale conviene di più?

“Non può esistere mai uno strumento di investimento che, in assoluto, convenga di più rispetto ad un altro.
Occorre infatti sempre valutare con attenzione la singola posizione del risparmiatore, la sua specifica situazione (familiare, lavorativa, patrimoniale, ecc.) e l’obiettivo che egli intende perseguire; e in ogni caso, è sempre bene accertarsi – anche attraverso verifiche periodiche da effettuarsi nel corso del tempo – che la linea di investimento prescelta sia sempre coerente con il proprio orizzonte temporale e il proprio “profilo di rischio”.
In linea generale c’è da dire che se da un lato il PAC presenta una estrema facilità di liquidazione, dall’altro l’adesione ad un Fondo Pensione consente di ottenere benefici fiscali davvero vantaggiosi che non bisogna sottovalutare.
Nella valutazione ovviamente occorre tenere conto del fatto che i versamenti conferiti al Fondo sono deducibili dal reddito dell’aderente fino a 5.164,57 € all’anno (per esempio, se si ha un reddito di 25.000,00 € e se ne versano 5.000,00 su un Fondo Pensione, le tasse si pagheranno solo su 20.000,00). Un ottimo sistema per abbattere l’imponibile IRPEF!
La tassazione sulle plusvalenze finanziarie conseguite in fase di accumulo è del 20% (invece che il 26% previsto su altre forme di investimento) con ulteriore riduzione in funzione del “portafoglio” del Fondo investito in Titoli di Stato ed equiparati (che prevedono un’aliquota del 12,50%).
La prestazione a scadenza (al netto di eventuali contributi non dedotti e dei rendimenti già tassati in fase di accumulo) sarà soggetta a una “tassazione separata” del 15%, ulteriormente ridotta dello 0,3% per ogni anno di permanenza al Fondo eccedente il quindicesimo, fino ad arrivare a un minimo del 9%.
La rivalutazione della rendita vitalizia che viene erogata dal Fondo, è assoggettata a imposta sostitutiva alla fonte del 26%, ridotta in funzione della parte di rivalutazione riferita a proventi derivanti da titoli pubblici.

È importante sottolineare che le prestazioni del Fondo Pensione non si considerano cumulabili con gli altri redditi del percipiente e pertanto non aumentano l’aliquota della tassazione ordinaria e non pregiudicano l’ottenimento di prestazioni sociali da parte dello Stato.
Inoltre, nel Fondo Pensione, tramite scelta individuale del lavoratore o per effetto di accordi aziendali, è possibile conferire anche il TFR del lavoratore stesso.
Questa operazione comporta notevoli vantaggi anche per il datore di lavoro, il quale:

  • deduce dal reddito d’impresa il 6% del TFR annualmente versato al Fondo (o 4% per le imprese con più di 49 addetti)
  • è esonerato dal versamento del contributo al Fondo di garanzia del TFR
  • ottiene una riduzione degli “oneri impropri” a suo carico su eventuali contributi aggiuntivi versati al Fondo (escluso quindi il TFR),
  • versa all’INPS il solo contributo di solidarietà del 10%, anziché gli oneri previdenziali ordinari pari al 23,81%