Lavoro: vietato il pagamento in contanti, anche per gli stranieri richiedenti asilo

I pagamenti devono essere sempre tracciabili, anche per gli stranieri in attesa di permesso di soggiorno

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

I datori di lavoro non possono pagare in contanti nemmeno i lavoratori stranieri richiedenti asilo, in attesa di permesso di soggiorno. Lo ha precisato l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) nella nota prot. n. 5293 del 5 giugno. Si tratta di una puntualizzazione di assoluto rilievo, considerati i non pochi casi di coloro che hanno lasciato il paese di origine a causa di conflitti, persecuzioni o violazioni di diritti umani.

Dal 1° luglio 2018, infatti, tutti i datori di lavoro e i committenti sono obbligati a pagare compensi e retribuzioni ai loro lavoratori solo attraverso sistemi tracciabili, servendosi della banca o dell’ufficio postale. Sono vietati i contanti. Ai datori di lavoro non in regola con questa norma si applicano sanzioni amministrative pari a svariate migliaia di euro, aventi la finalità di reprimere alla radice comportamenti elusivi della regole aggiornate.

Vediamo allora un po’ più da vicino cosa ha precisato l’Inl in riferimento ai lavoratori stranieri, richiedenti asilo e in attesa di permesso di soggiorno nel nostro paese. E cogliamo l’occasione per ricordare gli elementi fondamentali del citato divieto di pagamento in contanti ai lavoratori.

Divieto pagamento dei lavoratori in denaro contante per legge: la fonte normativa

Forse non tutti sanno che dal primo luglio 2018, sono entrate in vigore le nuove disposizioni sul divieto di pagamento delle retribuzioni in banconote o monete, ossia con denaro contante. Lo ha stabilito all’art. 1, commi da 910 a 914 la legge di Bilancio 2018. Chiara la finalità di reprimere quei comportamenti di datori di lavoro e dipendenti, atte ad eludere le norme circa il pagamento di tasse e il versamento di contributi previdenziali.

Non solo. Con questo divieto il legislatore ha inteso combattere con ancora più forza il fenomeno delle cd. buste paga false, recanti somme non corrispondenti a quelli del cedolino o più bassi dei minimi fissati dai contratti collettivi.

Si sa infatti quanto in Italia sia diffusa la piaga del lavoro nero, anche se negli ultimi anni le istituzioni si sono assai impegnate per combattere un fenomeno diffuso in più contesti (come ad es. nell’ambito del lavoro domestico o dell’edilizia).

Come accennato, determinante è stato il contributo della legge n. 205/2017, ossia la Manovra 2018. I soggetti interessati dalla novità normativa sono i datori di lavoro o committenti, che abbiano assunto direttamente il lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

Rapporti di lavoro interessati dal divieto e pagamenti ammessi dalla legge

Si rimarca altresì che per ‘rapporto di lavoro’, si fa riferimento a ciascun rapporto di lavoro dipendente di cui all’art. 2094 del codice civile, al di là delle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, ma anche ad ogni rapporto di lavoro scaturito da contratti cd. co.co.co. oppure dai contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci. In questo ultimo caso il riferimento va alla legge n. 142 del 2001, recante la revisione della legislazione in materia cooperativistica.

Inoltre, il comma 910 della legge di Bilancio 2018, specifica che la corresponsione della retribuzione potrà compiersi soltanto tramite i seguenti strumenti:

  • strumenti di pagamento elettronico
  • bonifico sul conto identificato dal codice IBAN (scopri qui come individuarlo dal conto corrente) indicato dal lavoratore
  • pagamento in denaro contante presso lo sportello bancario o postale, in cui il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento
  • emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in ipotesi di suo acclarato impedimento, a un suo delegato.

Come si può notare, si tratta di modalità tassative: il datore di lavoro sarà tenuto a rispettarle e il lavoratore sarà legittimato a rifiutare l’eventuale pagamento in denaro contante.

Divieto pagamento in contanti anche per i lavoratori richiedenti asilo: la nota dell’Ispettorato

Venendo a quanto accennato in apertura, all’Inl è stato chiesto se sia sanzionabile anche il datore di lavoro che abbia pagato in contanti le retribuzioni agli stranieri richiedenti asilo, a causa della mancanza di un conto corrente postale o bancario in attesa di ottenere il permesso di soggiorno (scopri qui le varie tipologie), il quale ai sensi del dl n. 113/2018 – “decreto sicurezza” + costituisce un documento di riconoscimento.

La questione riguarda anche il fatto che gli istituti di credito, per le norme sull’antiriciclaggio, sono tenuti a identificare la clientela attraverso documenti d’identità o altri documenti di riconoscimento ritenuti equipollenti.

L’Ispettorato nazionale del lavoro ha rimarcato che – per aprire un conto corrente – è utile non solo il permesso di soggiorno del lavoratore straniero, ma anche la ricevuta di verbalizzazione della domanda di asilo, che è un documento munito di fotografia del titolare, pertanto idoneo a consentire l’identificazione del richiedente.

In altre parole, è comunque possibile aprire un c/c sulla scorta della sola ricevuta di verbalizzazione della domanda di permesso di soggiorno.

Lo stesso ministero dell’Interno ha precisato che il modello C3, rilasciato dalle questure alla presentazione della richiesta della protezione internazionale (domanda di asilo), è definito permesso di soggiorno temporaneo, è accompagnato dalla fotografia del richiedente e, quindi, ha le caratteristiche del documento di riconoscimento.

L’Abi ha chiarito che le banche possono aprire conti correnti intestati agli stranieri richiedenti asilo sulla base di tale permesso di soggiorno provvisorio e con il codice fiscale, solo numerico, che è stato loro rilasciato.

Pertanto, la mancanza del premesso di soggiorno vero e proprio per il lavoratore straniero richiedente asilo non giustifica il pagamento in contanti da parte del datore di lavoro. Quest’ultimo dovrà retribuirlo sempre attraverso mezzi di pagamento tracciabili e il lavoratore straniero potrà ottenere l’apertura di un conto corrente bancario o postale con la ricevuta della domanda di asilo ottenuta dalla questura. Se

Sintetizzando, secondo l’Inl il datore di lavoro che abbia pagato in contanti lavoratori stranieri richiedenti asilo è sanzionabile ai sensi della legge. Pertanto farà bene ad attenersi alle regole che abbiamo visto sopra. Ai sensi del comma 913 della legge di Bilancio 2018, sono espressamente esclusi dall’obbligo di pagamento con mezzi tracciabili, i rapporti instaurati con le PA e i rapporti riguardanti il lavoro domestico.