Pensioni, uscita anticipata senza penalità con prestito da restituire in 20 anni

L’assegno sarà versato per gli anni che mancano all’arrivo dei requisiti. Rata fino al 15% dell’assegno. Sconti fiscali per i redditi più bassi

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Redazione

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Dal prossimo anno sarà possibile uscire dal lavoro fino a tre anni prima dell’età di vecchiaia (a 63 anni e sette mesi invece che a 66 e sette mesi) con l’anticipo pensionistico, il cosidetto Ape, da restituire in 20 anni. Il tutto basato su un prestito pensionistico, erogato dalle banche, ma che i lavoratori interessati potranno chiedere all’Inps, con la previsione di rimborsarlo in venti anni attraverso una rata massima che graverà sulla pensione fino a un massimo del 15 per cento.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, parlando della flessibilità in uscita ha detto che “l’intervento è strutturale, la detrazione fiscale che il governo garantirà ai soggetti meritevoli di intervento avrà una prima fase sperimentale per valutare i flussi”. Non si tratta di una penalizzazione sull’importo di pensione ma di una rata di ammortamento del prestito di 20 anni con la copertura assicurativa e una detrazione fiscale sulla parte del capitale anticipato “per alcuni soggetti più deboli e meritevoli di tutela”.

IL RISCHIO PENALIZZAZIONI – Le penalizzazioni dovrebbero oscillare da un minimo dell’1% a un massimo del 15% anche sulla base del reddito pensionistico, e delle “selettività”, ovvero delle diversa decurtazione del trattamento partendo varie tipologie di lavoratori.
Secondo quanto anticipato, l’impatto dell’anticipo pensionistico potrà essere ridotto dalla “Rita”. La Rendita integrativa temporanea anticipata dovrebbe consentire dal 2017 agli “over 63″ (i nati tra il 1951 e il 1953), che abbiano aderito alla previdenza complementare e siano nelle condizioni di uscire anticipatamente, di incassare subito parte della pensione integrativa.
Con il “vantaggio” di ridurre in maniera significativa (anche dimezzare) il “prestito”, indispensabile per usufruire dell’assegno previdenziale anticipato. Che sarà poi collegato a un meccanismo di detrazioni fiscali variabili dalle quali dipenderà la reale decurtazione del trattamento. Il “prestito” sarà garantito dalle banche (sotto forma di cessione di prestito individuale) e la durata dell’ammortamento per la restituzione a rate del prestito sarà di vent’anni.

CHI RIGUARDA L’APE – Il meccanismo di anticipo pensionistico sarà sperimentale per tre anni e che riguarderà l’anno prossimo i nati tra il 1951 e il 1953 (si estenderà nel 2018 ai nati nel 1954 e nel 2019 ai nati nel 1955). In pratica chi è distante meno di tre anni dall’accesso alla pensione potrà chiedere all’Inps di certificare il requisito e di accedere allo strumento.
Il montante pensionistico sarà quello raggiunto al momento della richiesta dell’anticipo mentre il coefficiente di trasformazione sarà quello del momento nel quale si raggiunge l’età di vecchiaia.

IL PRESTITO – L’istituto di previdenza si interfaccerà con istituti finanziari che anticiperanno il capitale. Il prestito, ha spiegato Nannicini, sarà “senza garanzie reali” e in caso di premorienza non ci si rivarrà sugli eredi. Sarà pagato con una rata sulla pensione, ma si ragiona anche su una detrazione fiscale in modo da ridurre i costi di questo meccanismo, in particolare per “i soggetti più deboli e meritevoli di tutela”.
I tempi per la restituzione del prestito dovrebbero essere di 20 anni, quindi nel caso di uscita a 64 anni si pagheranno rate fino a 84. “Lo strumento – ha spiegato Nannicini – è molto flessibile. La detrazione fiscale potrà essere modificata per categorie diverse”. In pratica ci saranno costi minori per chi ha perso il lavoro e costi più alti per chi decide volontariamente di lasciare l’impiego prima dell’età di vecchiaia. “La penalizzazione è implicita”, è costituita cioè dalla stessa rata di ammortamento, ha inoltre affermato.

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