Quando deve essere pagato il TFR

Il trattamento di fine rapporto è un diritto del dipendente alla fine di un contratto: ecco quando deve essere pagato

Una volta conclusa l’attività lavorativa, un ex dipendente ha sempre diritto al TFR. La legge italiana non prevede dunque alcuna differenziazione tra le modalità che hanno portato alla conclusione del rapporto lavorativo. È un obbligo del datore di lavoro occuparsi dei passaggi necessari al completamento dell’iter del trattamento di fine rapporto, sia in caso di licenziamento che di dimissioni. Non è affatto raro però che il dipendente si ritrovi ad attendere un bel po’ prima di ricevere la somma dovuta. È normale dunque chiedersi quali siano i tempi previsti dalla legge.

Che cos’è il TFR

Il trattamento di fine rapporto può essere definito come un credito che il lavoratore matura nel corso del rapporto intercorso con un’azienda. Una somma di denaro accantonata nel tempo, che il datore di lavoro è tenuto a pagare al termine dell’attività professionale. Nel caso in cui siano presenti dei contratti collettivi, È possibile dover far fronte a un termine temporale entro il quale il datore di lavoro dovrà provvedere al soldo.

È bene sapere però come in assenza di un termine indicato nel contratto, il creditore possa esigere l’importo dovuto immediatamente. Nel caso in cui dovessero esservi dei ritardi nel pagamento, sarà possibile fare richiesta per interessi, da aggiungere alla somma iniziale indicata dal proprio TFR. L’importo maturato dovrà essere liquidata direttamente dal datore di lavoro e, in caso di trasferimento d’azienda, tale responsabilità ricadrà sul nuovo proprietario.

La questione temporale ha un’importanza cruciale quando si parla di TFR. Il diritto alla somma dovuta si prescrive infatti in cinque anni, decorrenti a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro. Nel caso in cui un dipendente non dovesse pretendere il versamento nel quinquennio seguente la cessazione del rapporto lavorativo, non avrà più alcun diritto.

Pagamento in ritardo del TFR

Non vi è modo per l’azienda di trovare giustificazioni per ritardare il pagamento del trattamento di fine rapporto. La somma maturata dovrà essere infatti versata allatto delle dimissioni o del licenziamento, a meno che, come detto, il contratto collettivo nazionale non preveda l’applicazione di preciso termine temporale.

Non è raro che alcuni datori di lavoro sottolineino l’impossibilità di determinare l’esatto importo. L’ostacolo sarebbe rappresentato dalla necessaria attesa dell’aggiornamento dei coefficienti di rivalutazione. È stato però più volte affermato nei tribunali italiani come ciò non determinerebbe lo spostamento della scadenza. Non è infatti necessaria alcuna analisi dei coefficienti, considerando come il tempo di maturazione del diritto al TFR coincida con il momento della cessazione del rapporto.

Il primo passo da compiere per un dipendente è dunque quello di verificare il proprio contratto collettivo nazionale di riferimento. Si andrà in questo modo alla ricerca di un eventuale indicazione temporale per il pagamento. Detto ciò, le aziende tendono a corrispondere il TFR dovuto entro il giorno 15 del mese successivo alle licenziamento o alle dimissioni del dipendente. Nel caso in cui l’azienda in questione non risulti in possesso della totalità dei dati necessari a calcolare il TFR (indica ISTAT aggiornato ad esempio), potrà provvedere all’immediato pagamento degli accantonamenti rivalutati, provvedendo in seguito al saldo del rateo mancante.

Il pagamento del trattamento di fine rapporto rientra nel novero dei diritti irrevocabili del lavoratore dipendente. L’azienda non potrà in alcun modo sottrarsi a tale obbligo, salvo un eventuale prescrizione, come indicato in precedenza. Nel caso in cui proprio ex datore di lavoro decida per qualsiasi ragione di non versare il quantitativo economico maturato nel corso degli anni, si avrà modo di agire per vie legali. In questo caso lo Stato italiano tutela sempre il dipendente. Questi infatti non soltanto otterrà infine il pagamento del TFR ma alla somma si vedranno aggiunti gli interessi maturati nel corso del tempo, in relazione al ritardo sofferto.

Basterà semplicemente tutelarsi presentando un ricorso per decreto ingiuntivo in tribunale. Tale provvedimento verrà notificato all’azienda in questione. Il datore di lavoro avrà a disposizione 40 giorni di tempo per regolamentare la propria posizione. Nel caso in cui la società dovesse decidere di fare opposizione, si andrebbe ad aprire una causa ordinaria. Nel caso in cui, una volta ottenuta la condanna del giudice, la società dovesse comunque evitare ritardare il pagamento, il indipendente avrà modo di proporre un’istanza di fallimento. In questo caso a versare il TFR sarà il Fondo di Garanzia dell’Inps.