Smart working senza stress: i consigli per lavorare al meglio

Intervista alla Dottoressa Rossella Berardi, psicologa di AISPS Roma, che ci spiega quali impatti ha avuto lo smart working sulla nostra vita e come gestire al meglio il lavoro da casa

Foto di Emanuela Galbusera

Emanuela Galbusera

Giornalista di attualità economica

Giornalista pubblicista, ha maturato una solida esperienza nella produzione di news e approfondimenti relativi al mondo dell’economia e del lavoro e all’attualità, con un occhio vigile su innovazione e sostenibilità.

Con le misure di contenimento sanitario del Covid-19, molte aziende hanno dovuto prendere decisioni drastiche, chiudere gli uffici e chiedere ai propri dipendenti di lavorare da casa. Lo smart working ha cambiato la nostra giornata, ha reso più fluidi i confini e i ritmi delle attività quotidiane.

Se da una parte è diventato una grande possibilità, al tempo stesso il lavoro agile può diventare una nuova fonte di rischi come l’alterazione delle ore dedicate al sonno e al riposo, il sopravanzo di energie che nella sedentarietà si traducono in tensioni fisiche e mentali, la perdita del senso di gruppo dovuta all’isolamento forzato.

Per questo abbiamo chiesto alla Dottoressa Rossella Berardi, psicologa psicoterapeuta di AISPS Roma, di spiegarci quali impatti ha avuto sulla nostra vita e come affrontare al meglio il lavoro da casa con un occhio di riguardo alla salute e al benessere psicologico.

L’emergenza Covid-19 ha cambiato la vita di tutti i giorni. L’isolamento imposto dal governo ci ha obbligato a riorganizzare le nostre giornate e le aziende hanno rivalutato lo smart working. Eravamo pronti per lavorare da casa?

La gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 ha portato inevitabilmente a riorganizzare una serie di aspetti nella propria vita quotidiana e uno dei principali è certo la sfera lavorativa. Ormai da tempo anche nel nostro paese si discute di Smart Working come alternativa al lavoro tradizionale già applicata da molte realtà aziendali e organizzazioni con applicazioni in larga parte sperimentali e la prospettiva di graduali ampliamenti a molteplici altri ambiti. Nell’attuale scenario, lo smart working è rapidamente diventato una necessità da mettere in campo e ottimizzare in tempi brevi, per dare continuità ad aspetti lavorativi senza essere costretti ad una netta interruzione per le prioritarie misure per il contenimento del contagio.
Se alcune figure professionali, soprattutto nell’ambito dell’informatica, avevano già sperimentato questo tipo di realtà lavorativa, in molti altri casi si è trattato di rivedere completamente una dimensione da anni strutturata e consolidata in modo diverso.
È quindi difficile dirsi ‘pronti’ non essendoci stato alcun preavviso o fase preparatoria. Si è trattato di doversi adeguare a nuove e impreviste esigenze derivanti da una situazione di emergenza. in cui doversi ripensare e riadattare, non senza aspetti di complessità.
Dobbiamo aspettarci che il repentino cambiamento incontri non poche difficoltà. Presumibilmente in un primo momento impatterà sul senso di autoefficacia del lavoratore confrontato con nuove sfide e isolato dall’abituale contesto relazionale e lavorativo. Allo stesso tempo si tratta di un’opportunità per accelerare quei cambiamenti organizzativi e ancor più di mentalità che rallentavano fino ad oggi l’applicazione e diffusione dello smart working in Italia.

Quali sono i vantaggi del lavoro agile?

I vantaggi del lavoro agile partono innanzitutto da una diversa impostazione del rapporto tra azienda e dipendente in cui interviene una peculiare dimensione di fiducia e responsabilizzazione del lavoratore nel gestire con maggiore autonomia gli obiettivi e i task che gli sono affidati. Viene in tal senso meno quella percezione di vigilanza e controllo che la sede fisica con la sua organizzazione gerarchica richiama. Tutto questo fa molta differenza nell’atteggiamento psicologico e l’approccio al lavoro, restituendo un maggiore senso di padronanza e identificazione “adulta” con il proprio ruolo.
Qui i rischi di un passaggio improvviso e improvvisato riguardano la necessità di un tempo per maturare tale rapporto di fiducia e diversa distribuzione delle responsabilità. In caso contrario potrebbe invece esserci un senso di temporanea deresponsabilizzazione del lavoratore con conseguente minore impegno e produttività, sul versante aziendale potrebbero a loro volta intervenire aspetti di diffidenza e maldestri tentativi di controllo “a distanza” che inquinerebbero il senso stesso dello smart working.
Sappiamo che i vantaggi aziendali sono sia economici, contenendo le spese significative che una postazione di lavoro comporta, sia relativi all’accesso a competenze e talenti che la distanza e dislocazione geografica non renderebbe compatibili con le attività nella sede fisica.
I ridotti spostamenti per recarsi al lavoro hanno un impatto positivo sia sull’economia del lavoratore sia sull’ecologia e la riduzione dell’inquinamento atmosferico, come oggi stiamo osservando quale vantaggio secondario della quarantena nelle nostre città.

Quali sono, invece, gli aspetti negativi?

Se da un lato il lavoro agile ha aspetti di miglioramento della qualità della vita mettendo a disposizione di chi lavora la possibilità di organizzare in autonomia il proprio tempo in base agli obiettivi, dall’altro vede ridimensionati i rapporti interpersonali diretti e non mediati dalle tecnologie, che in alcuni contesti lavorativi rappresentano un’anima vitale che accompagna e fa da sfondo alla dimensione del dovere e del compito.
I rapporti interpersonali in alcuni casi possono funzionare da facilitatori nell’andamento a volte impegnativo e pressante che i ritmi o la quantità di lavoro impongono. Le aziende basate sullo smart working possono prevedere periodiche occasioni di incontro fisico tra i dipendenti per mantenere la coesione tra le persone e favorire i processi di team building.
L’emergenza Coronavirus limita in questo periodo tale possibilità accentuando i rischi di frammentazione e perdita del senso di gruppo. Temporaneamente è indicato trovare delle soluzioni online per compensare almeno in parte questa carenza.

Che impatto ha lo smart working sulla vita delle persone?

Lo smart working, riorganizzando in modo flessibile tempi e spazi dell’attività lavorativa, promette il potenziale miglioramento della qualità della vita delle persone. Sappiamo che a sua volta il miglioramento della qualità della vita ha un effetto motivante nello svolgimento del lavoro. Grandi vantaggi esistono nel poter personalizzare e integrare la dimensione privata e quella professionale della propria giornata e della propria identità, altrimenti scissa e scandita in modo netto dagli orari lavorativi e dal ben distinto contenitore fisico che il contesto casalingo e quello della sede aziendale rappresentano.
Una buona organizzazione dello smart working consente di occuparsi di piccoli impegni della gestione privata, e familiari senza interferire con la continuità lavorativa. Pensiamo ai vantaggi per la condizione femminile che vede ancora complessa la necessità di conciliare la carriera con la genitorialità, la professionista con la mamma. Molte donne decidono ancora oggi di abbandonare o sospendere il lavoro per la necessità di accudire i figli o al contrario di rimandare la maternità per non compromettere la sfera professionale. Lo smart working gioverebbe a simili situazioni sia rendendo più conciliabile lavoro e maternità sia favorendo la presenza e collaborazione di entrambi i genitori nell’occuparsi delle necessità quotidiane dei figli (si pensi ad esempio alla gestione dei figli in base agli orari scolastici).
Può esservi maggiore spazio anche per lo svago e l’attività fisica grazie al significativo recupero del tempo non più impiegato per gli spostamenti. La possibilità di lavorare da casa e il non essere più vincolati all’ubicazione della sede aziendale riduce i fenomeni di pendolarismo e consente alle persone di scegliere il luogo in cui vivere in base alle proprie preferenze o a criteri associati alla qualità e al costo della vita.

L’emergenza ci ha obbligato a restringere le relazioni sociali: cosa serve per compensare la distanza tra le persone?

La prescritta distanza fisica tra le persone ha avuto l’effetto immediato di restringere le relazioni sociali dirette come mai in precedenza. Le moderne possibilità di comunicazione digitale consentono di superare in parte queste barriere trasponendo il nostro mondo relazionale nella dimensione virtuale che prende ancora di più la forma di un realtà alternativa come canale privilegiato nell’interazione con l’esterno. Mi sento di dire che accanto al grande sacrificio del non potersi incontrare si assiste in questi giorni alla possibilità di coltivare relazioni amicali per le quali abitualmente non si ha sufficiente tempo.
Se normalmente nel corso della giornata le relazioni sociali tendono a coincidere con quelle lavorative, in questo momento si osserva una certa opportunità di recupero di relazioni e legami significativi che possono essere maggiormente accolti nella vita di tutti giorni attraverso quella telefonata o quel messaggio che è spesso nei nostri pensieri ma che in genere siamo portati a rimandare. Interviene nella comunicazione a distanza una dimensione di confronto su tanti temi contingenti e quotidiani che possono essere condivisi e alleggeriti.
Allo stesso tempo è molto elevato, soprattutto sui social, il rischio di un effetto amplificazione di ansie e preoccupazioni comuni. Per questo motivo la comunicazione di vissuti più intimi e emozionali andrebbe riservato a uno spazio protetto di confronto con persone vicine e di fiducia. Un senso di solitudine e isolamento può essere particolarmente intenso per chi vive da solo. In questo caso è particolarmente importante non limitarsi alla presenza su chat e gruppi social ma ricercare interazioni dirette telefoniche o meglio ancora tramite videochiamata.
Eviterei anche intere giornate in pigiama ma sceglierei piuttosto un outfit magari comodo ma che ci faccia sentire sufficientemente “presentabili” nei confronti dell’esterno. Il valore di un contatto diretto è certo insostituibile e ciò vale per la vita privata come per quella lavorativa. La carenza di tali occasioni ci confronta innegabilmente con il livello di frustrazione che dobbiamo accettare e gestire considerate l’eccezionalità di questa emergenza. Come detto lo stesso smart working prevede e valorizza in genere occasioni di incontro e convivialità che in questo periodo non sono possibili.
Per chi vive una situazione familare o di convivenza il periodo del #iorestoacasa può essere l’occasione per vivere una maggiore continuità relazionale con il partner e con i figli. Se realisticamente ciò può generare fatiche e complicazioni contiene però anche un’opportunità affettiva e comunicativa da valorizzare. D’altra parte se l’adulto ha maggiormente la possibilità di recuperare l’aspetto sociale nel virtuale (abitudine per la maggior parte delle persone già coltivata in periodi ordinari), per i bambini la sete di relazione diretta è invece immediatamente percepibile. Per loro la dimensione del gruppo di coetanei diviene aspetto di unità e condivisione soprattutto nel contesto scolastico e ciò non è lontanamente sovrapponibile a quanto possono trovare attraverso i canali digitali: il mondo concreto per il bambino resta insostituibile e senza dubbio anche per quella parte di noi più emozionale e istintiva.

I nuovi strumenti tecnologici, se da un lato agevolano chi lavora da remoto, dall’altro assottigliano il confine tra vita privata e vita lavorativa. Quali sono i rischi?

La maggiore libertà nel gestire lo spazio e il tempo del proprio lavoro a casa presuppone innanzitutto l’esistenza e la possibilità di spazi definiti e riservati all’interno dell’abitazione stessa; il rischio è infatti quello di veder compromessa la capacità di concentrazione, elemento indispensabile a un buon rendimento lavorativo. Anche qui la rapidità con cui ci si è dovuti riadattare può essere complicante. Se la riorganizzazione può essere più semplice per un single, interviene invece maggiore complessità per chi vive una realtà familiare. Lo stesso equilibrio familiare necessita una importante rimodulazione pratica, psicologica e relazionale per garantire lo spazio sia fisico sia temporale all’attività lavorativa dello smart worker. In questi giorni in cui le scuole restano chiuse può essere particolarmente complicante la presenza H24 dei figli a casa. Pensiamo alle molte famiglie che vivono nello spazio ristretto di appartamenti di pochi metri quadri che non prevedono una postazione operativa e ancor meno una stanza studio dedicata.
È indispensabile una chiara definizione dei confini, altrimenti vi è il rischio di una mescolanza di luoghi e tempi: è necessario stabilire spazi definiti e tempi senza interferenze. Un contesto perturbante dove intervengono confusione e mescolanza interferisce con la produttività e aumenta il livello di stress psicofisico piuttosto che ridurlo. Per questa ragione al di là della contingente situazione di emergenza la proposta di smart working andrebbe personalizzata in base alle scelte e reali possibilità di chi lavora e ne è protagonista.

Che consigli ci può dare per organizzare al meglio il lavoro da casa con un occhio di riguardo alla salute e al benessere psicologico?

Per chi non è abituato al lavoro a casa può essere inizialmente difficile mantenere la concentrazione e la giusta intensità di lavoro. Suggerisco prima di tutto di non scoraggiarsi e stabilire dei ritmi definiti di continuità e di pause programmate. Una formula molto utilizzata consiste nell’impostare attraverso un timer sessioni di lavoro di 25 minuti a cui alternare 5 minuti di pausa e dopo 4 ripetizioni prevedere una pausa più lunga di 15-30 minuti ricominciando quindi un nuovo ciclo di lavoro.
È consigliabile utilizzare le pause per svolgere brevi attività pratiche che non impegnino la componente intellettiva, ad esempio un tapis roulant o degli esercizi fisici possono essere un’opzione particolarmente efficace e salutare anche per contrastare la sedentarietà. L’acronimo anglosassone NEAT (non-exercise activity thermogenesis) descrive poi quelle attività non riconducibili all’ambito sportivo ma in grado di attivare il metabolismo e bruciare calorie come salire le scale per prendere una boccata d’aria in terrazzo o svolgere qualche piccola faccenda casalinga.
Lavorando davanti a uno schermo è bene anche defaticare periodicamente la vista con esercizi specifici o semplicemente guardando per un certo tempo fuori dalla finestra un oggetto o panorama distante. Questa abitudine contribuisce al mantenimento della concentrazione e previene cefalee da tensione che si associano spesso ad un’attenzione protratta. Pause più lunghe possono essere previste e programmate per integrare altre esigenze della giornata, ad esempio doveri casalinghi o scolastici dei figli ma anche attività sportiva, momenti ricreativi e di svago. Per garantire l’efficienza e appoggiarsi ad un piano di lavoro può essere prezioso a inizio giornata redarre una “to-do list” provvedendo ad annotare progressivamente il completamento delle singole attività programmate. Inutile dire che mantenere un’alimentazione sana e la regolarità del sonno sono alla base della capacità di concentrazione e dell’efficienza giornaliera.

La crisi che stiamo vivendo ci ha fatto scoprire un altro modo di lavorare ma anche di vivere. Lo smart working è il futuro?

Di sicuro le circostanze attuali rappresentano una sorta di “prova generale” per la messa in campo di questa modalità di lavoro alternativa. Il tempo potrà dare ragione sugli aspetti di produttività mantenuti o addirittura migliorati, come dimostrano alcuni studi nel settore dei servizi. Di sicuro si dovrà dare tempo anche per incrementare gli aspetti di tecnologia coinvolti nello smart working di cui le aziende e le organizzazioni usufruiscono. Diciamo che sarebbe grande espressione di progresso raggiungere attraverso una maggiore fluidità ed elasticità del lavoro il miglioramento della qualità della vita del lavoratore mantenendo elevati i risultati, offrendo soluzioni concrete alle pari opportunità, contenendo le spese e sostenendo le nuove sfide dell’etica e dell’ecologia. D’altronde contribuire alla promozione del benessere e della qualità della vita della persona è un fondamentale tassello del mosaico più ampio del Benessere Sociale.