Tassa di soggiorno: cos’è e quando non si paga

L'imposta è stata introdotta nelle principali città turistiche di tutto il mondo, ma in Italia si paga di più

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Chi è abituato a viaggiare conosce la tassa di soggiorno, i viaggiatori meno assidui si sono imbattuti in questa tariffa suppletiva al costo delle stanze da corrispondere al momento dell’arrivo – o della partenza – in alberghi e strutture ricettive. L’imposta di soggiorno è un contributo fisso, il cui costo varia da città a città, che gli albergatori richiedono a turisti e viaggiatori ospitati nelle strutture.

Si tratta di un’imposta che ogni ospite deve corrispondere per ogni notte trascorsa in alberghi, bed and breakfast, ostelli e campeggi delle principali città non solo dell’Italia, ma anche del resto del mondo. Solitamente si addebita come un extra da aggiungere al costo complessivo della camera e dei servizi offerti durante il soggiorno.

Il regolamento che disciplina il pagamento della tassa di soggiorno varia a seconda delle località d’interesse artistico, culturale o turistico in cui si soggiorna. Alcuni municipi hanno infatti introdotto una tassazione fissa, altri hanno scelto di variare i costi in base alla categoria dell’alloggio e ai costi extra forniti durante il soggiorno. Turisti e viaggiatori che soggiornano nelle principali città italiane vedranno addebitarsi da 1 a 5 euro a persona per ogni giorno di pernottamento, da corrispondere in contanti o con carta di credito direttamente al gestore della struttura alberghiera previo rilascio di ricevuta o fattura in cui la tassa di soggiorno sia indicata come “operazione fuori campo Iva”.

Tale tassa non è però addebitabile a diverse categorie di viaggiatori: residenti, bambini al di sotto dei 12 anni, universitari fuori sede, disabili e accompagnatori, malati e i congiunti di chi è ricoverato in strutture sanitarie, militari e Polizia, autisti di autobus e accompagnatori turistici. L’unica categoria di struttura alberghiera che è invece impossibilitata a richiedere la tassa di soggiorno è l’ostello della gioventù.

In Italia l’imposta di soggiorno è stata immediatamente applicata dai più importanti centri turistici, consegnando il primato di nazione europea con la tassa di soggiorno più alta. Nelle altre capitali continentali, infatti, la tassa si applica aggiungendo una percentuale sul pernottamento che varia dal 5% di Amsterdam e Berlino e dai 42 centesimi all’1,5 euro di Parigi. In Italia, Roma vanta il primato delle tasse di soggiorno più salate: nella capitale è possibile pagare anche 7 euro a notte, per un periodo massimo di 10 giorni. Molto alte anche le tasse di Venezia, Firenze e Milano, mentre al Sud l’imposta è più contenuta, con l’unica eccezione di Palermo.

La tassa di soggiorno non è però stata introdotta solo in Europa. Sono tante, infatti, le nazioni che hanno sperimentato questa tassa: negli Stati Uniti, questo extra si aggiunge all’ESTA ed è quantificato in 3,5 dollari a notte a persona; in Giappone, la tassa si paga a seconda del prezzo del soggiorno, ma solo a partire da 10mila yen a notte. Le località turistiche del Marocco hanno invece imposto una tassa che oscilla tra 1 e 2.5 euro circa, con una variazione dipendente dalla tipologia dell’alloggio, mentre in Malesia non devono pagare la tassa di soggiorno i viaggiatori che pernottano in strutture con meno di 10 camere o gestite da enti religiosi o da associazioni senza scopo di lucro.