Casa disabitata? Ecco quando la tassa sui rifiuti non deve essere pagata

Se si è proprietari di una casa inutilizzata, è possibile non pagare la Tari: ecco l’analisi caso per caso

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Una delle domande che molti contribuenti si pongono se, sugli immobili disabitati, sia necessario versare la tassa sui rifiuti. In un certo senso la logicità direbbe di no: nell’immobile non vivono delle persone, quindi non è necessario versare la Tari. La realtà, però, è leggermente diversa. La normativa, infatti, prevede che sia necessario pagare questa imposta nel caso in cui i locali siano suscettibili di produrre dei rifiuti. Questo indipendentemente dal fatto che la spazzatura venga prodotta o meno.

Ovviamente, poi, il legislatore ha introdotto una serie di eccezioni, grazie alle quali andare incontro ai contribuenti. Ma cerchiamo di capire nel dettaglio quando sia obbligatorio pagare la Tari e quando, invece, è possibile evitare il pagamento di questa imposta.

Tari ed immobili disabitati

È necessario pagare la Tari per un immobile disabitato? Questo è un dubbio che accomuna molti contribuenti. La normativa prevede che, i proprietari di locali o aree scoperte adibiti a qualsiasi utilizzo, suscettibili di produrre rifiuti urbani, siano tenuti a pagare la tassa su quegli stessi spazi. A prescindere dalla produzione effettiva della spazzatura.

Tuttavia, ci sono delle eccezioni. Sebbene la Tari sia una tassa basata sulla possibilità di produrre rifiuti, una sua parte è legata a quelli effettivamente prodotti. La normativa vigente prevede infatti per l’utente – sulla base del numero dei componenti del nucleo famigliare – la possibilità di usufruire di riduzioni e di esenzioni. E sono, questi, i casi in cui l’immobile è abitato solamente in un determinato periodo dell’anno, o è indisponibile a causa – ad esempio – di una ristrutturazione. Esclusi totalmente dalla Tari sono invece quegli edifici, quelle aree e quelle case che non sono in alcun modo utilizzabili. E che, pertanto, non hanno neppure la possibilità di produrre rifiuti.

Non basta quindi che un immobile sia disabitato, per essere esente dalla Tari: la sua inagibilità deve essere stata oggettiva appurata. Ad esempio, sono escluse le case prive di collegamento alla rete elettrica, idrica e fognaria; e quelle inagibili o inabitabili. Un immobile disabitato, per tutto l’anno o anche per una sola parte, è invece tassabile. Ci sono poi tutta una serie di situazioni escluse dal pagamento della Tari: i locali e le aree condominiali non utilizzate in via esclusiva, i locali e le aree che non possono produrre rifiuti in modo autonomo (come i balconi, le cantine, i sottotetti), e le aree scoperte di pertinenza di locali soggetti al tributo della tassa.

Cosa fare per ottenere l’esonero dal pagamento

Come comportarsi, quindi, in caso di un immobile disabitato? È necessario, in questo caso, far fede ai regolamenti comunali sulla Tari, che possono variare di città in città. Nel caso di Milano, ad esempio, a costituire una presunzione dell’utilizzo dell’immobile è la presenza degli arredi indispensabili, oppure l’attivazione di un’utenza (anche una solamente). Neppure se non si utilizza il servizio di gestione dei rifiuti urbani, si è esenti dal pagamento. Se invece è priva d’arredamento, e non è allacciata ad alcuna utenza, la casa è esclusa dal pagamento della Tari. Purché, entro 90 giorni, si invii al Comune una dichiarazione di cessazione. Se l’immobile disabitato mantiene invece le utenze attive (magari perché abitato in un certo periodo dell’anno), è possibile avere una riduzione del 30% dell’importo.